mercoledì 25 febbraio 2015

«IL FUTURO DELLA RICERCA È NELLE MANI DEGLI IMPRENDITORI ILLUMINATI

dal Corriere Innovazione del 21 febbraio 21015
«Il futuro della ricerca è nelle mani degli imprenditori illuminati»

Bisogna «innovare l'innovazione»: ciò che l'età industriale ha separato, l'età della conoscenza può riunire. Altrimenti i costi di transazione dalla scienza all'imprenditorialità rischiano di aumentare ancora
di Piero Formica e Ruggero Frezza




Per l'economia si profilano scenari grigi a lungo termine suscettibili di volgere al rosa solo con un'innovazione che rompa i legami con lo stato dell'arte esistente. È in questa situazione che si è portati ad alzare lo sguardo verso quello che gli inglesi chiamano Blue Skies Research («ricerca dei cieli blu»), ossia quella ricerca scientifica senza apparente applicazione reale. La memoria va a Faraday. Alla domanda che gli fu rivolta su cosa servisse la sua scoperta in campo elettrico, l'illustre scienziato britannico rispose di non saperlo, ma che un giorno il governo avrebbe applicato una tassa sul suo utilizzo. Quei cieli ci appartengono, dicono le università, che hanno guidato il sapere umano per mille anni. Tuttavia nel terzo millennio in cui siamo appena entrati a quel firmamento volgono lo sguardo le nuove forme organizzative della scienza, dell'innovazione e dell'imprenditorialità. Attori nuovi, ulteriori rispetto al vecchio dominio delle università. Le quali parimenti devono tornare a scrutare – pena la loro estinzione, o meglio, la loro disruption – quella medesima volta celeste, e magari cercare di fornirne l'astrolabio.


Nel secondo dopoguerra, più occupazione e più produttività hanno accelerato il ritmo dell'economia, creando crescita e prosperità. Oggi, a scala mondiale, la rapida crescita di allora corre il serio pericolo di rallentare considerevolmente a causa del declino della popolazione in età lavorativa. Secondo uno studio dal McKinsey Global Institute «la diminuzione della quota di popolazione in età lavorativa comporta una diminuzione del 19% della crescita del reddito pro capite nel corso dei prossimi 50 anni». Questi sono segni premonitori della necessità di un cambiamento epocale nella struttura dell'economia. Come sosteneva John Maynard Keynes, «dobbiamo inventare una nuova saggezza per una nuova età». La prossima età dell'abbondanza corrisponde, come ricordava l'acclamato economista di Cambridge citando un suo grande collega americano, John Rogers Commons, alla massima espansione della libertà individuale.
Questa nuova prosperità si manifesterà solo «innovando l'innovazione», ossia imbastendo una salda relazione tra innovazione scientifica e innovazione imprenditoriale. Urge dunque una ridefinizione dei modelli organizzativi di quell'innovazione trainata dalle scoperte scientifiche, come pure di modelli imprenditoriali di business attinti dal bacino della scienza. Una ridefinizione che non può che vedere in prima fila i protagonisti della scienza e dell'innovazione assurti al ruolo, più che mai centrale in questo quadro economico, di creatori di imprese. Il modello di trasferimento tecnologico dalla ricerca universitaria al mondo commerciale messo a punto da Isis Innovation – l'impresa di trasferimento tecnologico dell'Università di Oxford – sotto la direzione del dr. Tim Cook ha fatto scuola nel mondo. L'incontro tra due culture così diverse - la cultura accademica e quella del business – l'Isis lo ha realizzato mettendo in campo quelli che Cook ha chiamato multi linguists, «multilinguisti»: intermediari capaci di comprendere le due culture.
La sfida che abbiamo davanti è quella di incentivare la creazione di nuovi operatori che agiscano sulla cultura dei multilinguisti. E questo sia nel mondo accademico, sia in quello delle imprese: serve, in pratica, un tipo d’innovazione che possa permettere ai multilinguisti di divenire imprenditori. Questi «ricercatori multilinguisti», questi «imprenditori scientifici» sono il motore della crescita dell’impresa basata sulla conoscenza. Quindi, della crescita dell'economia, quindi della società tutta. Costoro formano la forza motrice del progresso economico odierno, così come la forza motrice della crescita della società industriale è stata l’imprenditorialità inaugurata da operai e tecnici nel corso delle rivoluzioni industriali dell'Ottocento e del Novecento. Ciò che l'età industriale ha separato – distinguendo la ricerca e l'imprenditorialità come due culture differenti – questa nostra età della conoscenza può (più che stimolare una blanda interazione) fondere, sia nel linguaggio che nelle iniziative. I segni già sono visibili: guardiamo nei laboratori di sperimentazione ospitati da imprese globali. Guardiamo in quei laboratori di ricerca in cui gli scienziati si avvalgono dell’apporto dei multilinguisti. A costoro, i blue skies della scienza proprio non sono estranei. Dal momento che essi si nutrono di quella ricerca nata dalla curiosità e priva di un chiaro obiettivo, tra i loro intendimenti c'è quello di sostenerla con donazioni, risorse umane (e cioè personale in mobilità lungo le due corsie della ricerca e della ricerca applicata), e finanche risorse monetarie estratte dalla detassazione di una quota dei profitti – sempre che la politica fiscale dello Stato sia così lungimirante da premiare l'impegno e la visione a lungo termine degli imprenditori multilinguisti.


Un loro impegno diretto avrebbe peraltro il vantaggio di potenziare la ricerca di base salvandola da quelle pastoie burocratiche causate sia dal labirinto delle norme governative, sia da talune consorterie universitarie. Intanto, la forza di gravità della tradizione è tale da impedire di prendere il volo a codesta «innovazione dell’innovazione». Tradizione vuol dire stabilizzazione dell'economia, ancoraggio a quel terreno occupato dagli interessi particolari che la lunga lista stilata da Keynes attribuiva a «associazioni, corporazioni, unioni, e altri movimenti collettivi di industriali, mercanti, lavoratori, agricoltori e banchieri». Dentro tale cornice non possono che lievitare – come peraltro stiamo costatando da diverso tempo – i costi di transazione nel passaggio dalla scienza all'innovazione e da questa all'imprenditorialità. Soprattutto considerando che l'intervento governativo (il quale ha destinato sempre più risorse al processo di trasferimento lungo la catena scienza-innovazione-imprenditorialità) è perennemente pressato dall'azione lobbistica degli intermediari di fondi pubblici, agenzie governative, public-private partnership e puri operatori privati – tutti impegnati, ciascuno per sé o in azioni concertate con altri, a perseguire i propri interessi particolari tramite rendite di posizione conquistate come intermediari dei fondi, e cioè parassiti della catena alimentare, piccoli buchi neri che inghiottono parte della luce dell'ecosistema.
Basti osservare quanto è vasto nell'Unione Europea il campo occupato da parchi scientifici e tecnologici, centri d’innovazione, incubatori d'impresa e altre organismi che intercettano le risorse messe a disposizione dalla Commissione europea. Non di fondi comunitari vive il futuro dell'innovazione, ma di conoscenza. E degli sforzi, dei sacrifici di chi saprà farsene traduttore materiale.

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martedì 24 febbraio 2015

Porsche: navigatore anche per i vecchi modelli

La Porsche lancia unità di navigazione bluetooth per le vecchie 911. Il modello possiede anche slot per le SD card. Si tratta del primo vero tentativo da parte di una casa automobilstica di tecnologizzare modelli di era pre-embedded automotive.


Venture deals: $9 milioni per combattere il cancro

Grant da $9 milioni per il NYU Langone Medical Center e il Technion (Istitutito Israeliano di Tecnologia) allo scopo di iniziative per la cura del cancro. I filantropi sono il finanziere israelo-americano Isac Perlmutter (Marvel Entertainment) e la Laura Arillaga-Andreesen Foundation (ente creato dalla moglie del founder di Netscape Marc Andreesen).


La FDA dà semaforo verde ai test genetici direct-to-consumer

23andme, partecipata da Google (ne è fondatrice Ann Wojcicki, ex moglie di Sergey Brin) che offre il primo test genetico B2C, ha ricevuto via libera dalla Food and Drug Administration per la produzione di test genetici che rilevano le malattie del sangue. 23andme (23 come il numero di cromosomi che doniamo all'atto di riprodurci) di fatto può portare alla completa disruption della diagnostica genetica, epigenetica e prenatale, con relative grandi conseguenze economiche, scientifiche, sociali, statuali, bioetiche.




Identificare uno Zombie Venture Capital

CB Insights analizza il caso di Austin Ventures, firm texana passata dal finanziamento della scena startup dello Stato all'inattività, per tirare fuori i parametri per considerare quando un fondo Venture Capital diviene «Zombie», ossia non più in grado di fare investimenti e alla lunga di sopravvivere.
I maggiori segni sono:

  • Incrementi significativi degli investimenti nel tempo
  • Ritardo significativo dall'ultimo fund raise
  • Focus degli investimenti spostato verso i follow on deals
  • Attività di exit depressa

La pipeline di IPO di Austin Ventures, ad un certo punto, pare incepparsi.
L'esclusione dal «club degli unicorni», e dalle relative exit, per un fondo da $900 milioni si è infine rivelata fatale.



Venture Deals: Sequoia India investe $4.5 milioni in una startup di Interior Design

Sequoia India e Aarin Capital (Rajnan Pai e Shri Mohandas Pai, ex Infosys)  finanziano per $4.5 milioni la startup di Bangalore HomeLane, che si occupa della distribuzione e manifattura di arredo domestico customizzato.



Educational, investimenti globali del Venture Capital

Il momentum globale per gli investimenti nelle startup legate alla formazione continua. Instructure, sviluppatore di software educational di Salt Lake City, riceve un series E da $40 milioni, in attesa dell'ormai imminente IPO. Investono Insight Venture Partners, Bessemer Venture Partners, Epic Ventures. Dall'altra parte del mondo, series D da $100 milioni per 17zuoye, education startup di Shanghai. Investono Shunwei Capital, Yuri Milner, Temasek Holding, H Capital


venerdì 20 febbraio 2015

Xiaomi batte Samsung in Cina

Il produttore di smartphone Xiaomi, forte di una valutazione enorme e possenti round incassati recentemente, è ufficialmente più venduto di Samsung in Cina, paese dove Apple è entrato da poco con prodotti a prezzi proibitivi per i salari cinesi, e dove non mancano competitor come HTC, Oppo, etc. 
XIAOMI è recentemente sbarcato negli USA con la vendita di accessori, in attesa di avere il permesso di vendere il telefonino. A Gennaio Xiaomi ha lanciato un nuovo modello economico di smartphone per il mercato indiano. 





giovedì 19 febbraio 2015

Samsung, $56 miliardi di liquidità in cerca di acquisizioni

Samsung con la sua enorme liquidità da 61.8 trilioni di won coreani ($56 miliardi) è alla cerca di merge&aquisitions. In due anni ha già alle spalle 10 deal. Nel 2014 i profitti di Samsung sono diminuiti per la prima volta in tre anni, ma i dividendi agli azionisti sono aumentati del 40%. Merril Lynch e Bank of America hanno accordi che consentono agli investitori americani di investire direttamente nella multinazionale coreana. 



Sequoia ricresce in India e in Cina

Sequoia, il gigante del Venture Capital in Silicon Valley, raccoglie nuovi fondi per India e Cina, per un totale di $1.1 miliardo. Il Sequoia Capital China Growth fund ha ottenuto $635 milioni da 105 partner; Sequoia Capital India ha attratto $494.75 milioni da 83 partner. Lo rivelano documenti della SEC.

Venture Deal: UBER, in cerca di 1 miliardo di dollari per il Serie E

UBER è ancora in foundraisingQuale sarà il venture player alla cassa con 1 billion d’investimento ? L’azienda della Bay Area  ha già raccolto più di 3 miliardi di dollari dalla Serie A del 2011 alla prima Serie E di dicembre 2014 guidata da Baidu, a cui si aggiungono gli 1.6 billion di debt financing di Goldman Sachs a inizio 2015. 
1 miliardo di dollari per espandere ancor più UBER nel mondo e per lanciare UBERPOOL, il servizio di car pooling del colosso americano. 


martedì 17 febbraio 2015

IN SARDEGNA SI PARLA DELLA MISSIONE M31-NETVAL IN SILICON VALLEY


Articolo tratto da IteNovas.com del 17 febbraio 2015


Ricerca: l’Università di Sassari nella Silicon Valley

Silicon ValleyI manager dell'ateneo sassarese hanno appena concluso un viaggio di lavoro di una settimana alla scoperta della mecca della tecnologia e dell'innovazione mondiali, con l'invito a "pensare in grande".
L'Università degli Studi di Sassari è una delle 15 realtà, tra Atenei ed enti di ricerca italiani, che hanno avuto la possibilità di trascorrere una settimana a San Francisco, nel cuore della Silicon Valley, grazie all'iniziativa di M31 e Netval, rispettivamente un incubatore d'impresa che investe in alta tecnologia e un network che riunisce 54 Università italiane, tra cui quella del Nord Sardegna.  Un luogo fondamentale per chiunque punti sulla ricerca tecnologica, in cui, come riportare il comunicato dell’ateneo sassarese, si respirano “fiducia nel futuro, pensiero positivo, centralità della persona”, vale a dire “alcuni degli ingredienti che rendono unica questa parte del mondo, dove è nato e cresce un ecosistema dell'innovazione che si autoalimenta di continuo”.
Un’energia che, anche se respirata per pochi giorni, non è volata via al momento di fare le valigie.L’incoraggiamento è quello a "pensare in grande” ed è questo che l'Ufficio trasferimento tecnologico dell'Università di Sassari ha colto dalle parti di San Francisco. Da M31 è partita l'idea di coinvolgereNetval e i suoi soci in un "Enterpreneurial Journey" a San Francisco, un viaggio per condurre i manager degli uffici delle università italiane a conoscere venture capitalist, fondatori di startup, responsabili di technology transfer delle università locali.
Così, in cinque intensissimi giorni, dal 2 al 6 febbraio, si sono susseguiti nelle università di Berkeley e Stanford incontri con Ruggero Frezza, Aldo Cocchiglia, Elisabetta Ghisini, Stefano Corazza, Jonathan Littman, Carol Sands, Max Shapiro, Alfredo Coppola, Silvia Boscolo, Alberto Sangiovanni Vincentelli, per citarne alcuni. Un ruolo importante in questo itinerario di apprendimento hanno avuto anche le visite agli incubatori Galvanize, Runway, Usmac/Rocketspace. Un percorso che oltretutto continua, perché Netval, in accordo con il Consolato Italiano degli Stati Uniti a San Francisco ed in collaborazione con M31, sta sviluppando un progetto che crei un ponte fra Italia e San Francisco per sostenere la valorizzazione della ricerca, stimolando l'imprenditorialità dei ricercatori e studenti italiani

Venture Deal: WeTransfer riceve round da $25M, $1 per utente, da HCPE.

Highland Capital Partners Europe riconosce 1 dollaro per ogni utente a WeTransfer. Oltre al finanziamento, anche strategia e consulenza operativa per la company olandese, i partners di HCPE nel board.


lunedì 16 febbraio 2015

M31 E NETVAL IN SILICON VALLEY: NE PARLA IL CORRIERE INNOVAZIONE

Articolo del Corriere Innovazione del 16 febbraio 2015











Venture capital e ricerca, la missione di 

Netval in California

Trasferimento tecnologico, venti università italiane e il Cnr accompagnate da M31 in Silicon Valley per conoscere da vicino le best practice degli atenei statunitensi

di Corriere Innovazione - Redazione Online

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Due miliardi di euro, tanto vale il budget delle 20 università italiane riunite in Netval, l'associazione degli uffici di trasferimento tecnologico delle università e degli enti pubblici di ricerca italiani tra cui il Cnr. Tutte insieme, accompagnate dall'incubatore italiano M31 che in California ha una sua sede, sono appena state in Silicon Valley per andare alla scoperta delle best practice che hanno fatto di questa regione californiana la capitale mondiale per le nuove imprese a carattere tecnologico.
Il viaggio ha toccato varie realtà della Bay Area, dall’Università di Berkeley a quella di Stanford, alla visita di incubatori di impresa. Negli spazi di M31 Usa sono stati organizzati incontri con vari Venture Capitalist, docenti, creativi, imprenditori e specialisti dell’innovazione di San Francisco e dintorni. Non è mancata la visita al Console Generale d’Italia Mauro Battocchi, grande sostenitore del ruolo dell’Italia in Silicon Valley. «La visita ci ha consentito di stabilire relazioni per una più efficace collaborazione sui temi della valorizzazione dei risultati della nostra ricerca - spiega il professor Andrea Piccaluga, presidente Netval e professore di management dell'innovazione alla Scuola Superiore Sant'Anna di Pisa -. È stata una ulteriore occasione per constatare che solo muovendosi in maniera coordinata il sistema della ricerca pubblica può ottenere risultati rilevanti». Netval ha come scopo la valorizzazione dei risultati della ricerca italiana, che può vantare oltre 3.500 brevetti attivi e oltre mille spinoff, cioè nuove imprese scientifico-tecnologiche sorte dalla ricerca.
«In collaborazione con M31 abbiamo individuato nuove prospettive per l'accelerazione dei progetti imprenditoriali dei giovani italiani» spiega l'ingegner Giuseppe Conti, vicepresidente di Netval, direttore area ricerca di trasferimento tecnico dell'Università di Bologna. «In questo viaggio sono rappresentate idealmente centinaia di migliaia di studenti - dice il fondatore di M31 Ruggero Frezza, intenzionato a organizzare nel corso dell’anno ulteriori Entrapreneurial Journey in Silicon Valley -. Se sommiamo le 20 università il budget sfiora i 2 miliardi di euro. Una responsabilità da far tremare i polsi, che qualcuno però deve prendersi. Serve un atto di governance, serve che qualcuno inizi a credere fermamente in ciò che esce dalle università e centri di ricerca. M31 è nata proprio per questo».
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Silicon Valley fourth quarter 2014, Venture Capital ai massimI livelli

Fenwick and West Results pubblica survey del quarto trimestre 2014. Il VC sfiora i massimi dal 2000; l'industria del software fa la parte del leone e chiude il 2014 con il 50% dei deal. Cina runner-up con $15.5 Billion/year supera l'Europa. L'India non resta a guardare.


  

domenica 15 febbraio 2015

M31 E NETVAL IN SILICON VALLEY: NE PARLA NOVA-IL SOLE 24 ORE

Su Nòva-Il Sole 24 Ore, articolo del prof. Alberto Diminin riguardo al viaggio di M31 e Netval in Silicon Valley effettuato agli inizi di febbraio.

Con M31, l’incubatore che ha organizzato questo viaggio, NetVal sta studiando un’importante iniziativa per raccontare e accelerare da queste parti la crescita dell’impresa che nasce dalla scienza e dalla tecnologia dei centri di ricerca italiani.



M31 A RIMINI: NASCE L'INNOVATION SQUARE

Da Inter-vista.it


Rimini | Piano strategico, nasce l’Innovation square



E’ stato presentato oggi a Rimini l’Innovation square, un progetto co-promosso dal Piano strategico di Rimini e dalla Fondazione Cassa di risparmio di Rimini, in stretta collaborazione con il Comune di Rimini e con il patrocinio della Provincia e della Camera di Commercio, con lo scopo di sostenere e incoraggiare l’innovazione in campo turistico. Il progetto è cofinanziato dalla Regione Emilia-Romagna.
La Riviera di Rimini, con i suoi 3 milioni di arrivi e 15 milioni di presenze, dispone di molteplici opportunità dove poter sviluppare la cultura dell’innovazione, come i Tecnopoli, il Laboratorio Innovazione del Piano Strategico, la fiera internazionale TTG, gli eventi formativi Be Wizard! e Welcoming Cities, lo Sportello Spinner e business competitions come Nuove Idee, Nuove imprese. Ma manca di un luogo fisico dove sviluppare idee innovative, ed è ciò che sarà l’Innovation square con sede a palazzo Buonadrata.
“In questa città, dove non pare possibile fare le cose insieme e dove ci si impegna a tutelare il proprio ambito di interessi, Innovation Square è un luogo dell’innovazione e anche nella sua fase di partenza e sviluppo una direttrice di lavoro per superare meglio e insieme in questo momento così complicato”, commenta il presidente della Fondazione Massimo Pasquinelli.
“Quando è partito il percorso del Piano strategico, in tutti i settori (cultura, turismo, impresa) si è condiviso il desiderio di realizzare un progetto per creare un Centro Internazionale del turismo, che avesse come principale vocazione quella di accompagnare l’innovazione turistica attraverso attività di ricerca, di sensibilizzazione culturale, di formazione e di sperimentazione”, ricorda Maurizio Ermeti, presidente Forum Piano Strategico Rimini. “Qui avremo la possibilità di ascoltare le migliori esperienze internazionali, di ospitare attività di co-working, di scegliere, imparare e testare idee e soluzioni innovative per il turismo e la sua economia. Qui nascerà anche il primo incubatore turistico di venture capital. Qui offriremo a tutti a tutti coloro che hanno idee, ma in particolare ai giovani, gli strumenti per mettere alla prova la loro creatività e capacità imprenditoriale. Qui si potranno inventare nuovi mestieri”.
Progetto ambizioso, quindi, che si avvarrà della collaborazione della M31, acceleratore e incubatore di imprese high-tech che sarà partner gestionale del progetto “incubatore di impresa”. M31 ha all’attivo 10 milioni di euro raccolti, 11 società create, 3 delle quali negli USA, 5 sedi fra Italia e USA, 20 milioni di fatturato, sommando le partecipate ed oltre 20 domande di brevetto internazionale depositate, ed è disponibile a investire nell’Innovation square riminese.
“In questa fase iniziale - spiega Ruggero Frezza, cofondatore M31 Padova - il grande lavoro da svolgere è quello di tessere relazioni anche internazionali. Creare imprese innovative è decisivo, all’inizio sono piccole e deboli, ma ognuna di loro ha potenzialità alle quali non si può mettere un limite. Vengo dagli Usa e la loro attuale disponibilità economica ha la possibilità per sposarsi con la creatività e la ‘storia’ dei territori europei. Qui avete potenzialità straordinarie: tanti turisti, valori culturali e figure di fama assoluta e penso ad esempio a Federico Fellini. Una ‘piazza dell’innovazione’ funziona se è in grado di relazionarsi con la ricchezza del suo territorio e penso anche all’Università. Con questi valori, ad un’impresa innovativa possono aprirsi le porte del mondo. Ci vuole coraggio e noi mettiamo a disposizione il nostro lavoro. A Padova in pochi anni abbiami aiutato a crescere imprese che danno lavoro a 200 ragazzi e con relazioni in 75 Paesi”.

Saranno due le anime dell’Innovation square. La prima, con inaugurazione in marzo, corrispondera a una ‘piazza dell’innovazione’ rivolta in particolare ai giovani ma non solo, un luogo per attività culturali e un catalizzatore di idee, esperienze e opportunità progettuali e imprenditoriali che abbiano al centro il turismo.
La seconda anima sarà rappresentata da un vero e proprio acceleratore d’impresa, un incubatore (pienamente operativo nella primavera del 2016) che svolgerà un’attività prettamente tecnica e imprenditoriale, con il supporto di M31, e avrà come target Start up preferenzialmente dedicate ai servizi turistici di ICT o comunque all’applicazione di tecnologie preferibilmente immateriali.



giovedì 12 febbraio 2015

$275 milioni per un nuovo fondo venture tecnologico Carrick Capital Partner




Carrick Capital Partner chiude un secondo fondo dedicato alla tecnologia - Carrick Capital Partner II -  a  $275 milioni, portando la raccolta negli ultimi anni a circa mezzo miliardo di dollari (il primo fondo due anni fa aveva chiuso a $180 milioni). Il fondo è specializzato in business tecnologici come il SaaS, il Software, BPO e il Transaction Processing.




Partnership da $845 milioni per la terapia genica del sistema nervoso centrale

Voyager Therapeutics e la sussidiaria di Sanofi Genzyme creano una partnership da $845 milioni di dollari per terapie geniche del sistema nervoso centrale. Non si tratta di una novità per Sanofi, abituata a ad allinearsi alla libertà di innovazione di startup in ascesa . In particolare, le ricerche si concentreranno sul Parkinson e sull'atassia di Friedreich.


Venture Deal: $140 milioni per Jet.com, che vorrebbe sfidare Amazon

Serie B da $140 milioni per Jet.com, marketplace che vuole concorrere con Amazon. Guida il round Bain Capital con Accel Partners, Coatue, General Catalyst, Goldman Sachs, Google Ventures, MentorTech Ventures, NEA, Norwest Venture Partners, Silicon Valley Bank, Temasek, Thrive Capital e altri ancora.


Marc Lore, CEO di Jet.com

L'UNIVERSITA' ITALIANA COME LE «FANCIULLE PIANGENTI» DI SAN FRANCISCO

L'Università italiana come le «fanciulle piangenti» di San Francisco

Come le weeping maidens, l'Università italiana pare aver voltato le spalle al mondo. Eppure basterebbe voltarsi per scoprire opportunità da ogni lato

di Ruggero Frezza*



Notai le «fanciulle piangenti» quasi subito. Quando per il dottorato vivevo a San Francisco, mi capitava spesso di passeggiare dalle parti del Presidio, un angolo verde che fu un tempo un forte novospagnolo, poi una base dell’esercito, poi ancora sede dell’Expo 1915, antenata di quella di Milano di 100 anni tondi. Una delle poche strutture superstiti di quel’Esposizione è il Palace of Fine Arts, dove si ospitavano quadri e sculture. È una sorta di tempio greco-romano posato su uno specchio d’acqua immobile; l’architetto Bernard Maybeck - esponente dell’Arts and Craft che ha innervato della sua classicità tanti spazi della Bay Area - già lo concepiva come una sorta di rovina destinata a durare oltre il tempo ed i terremoti californiani. Ebbene, questo edificio presenta un particolare davvero unico: in cima, sono poste delle strane cariatidi, che credo non compaiano in nessun altro posto della terra. Sopra il colonnato, ecco queste numerose figure femminili, tutte appoggiate ad un cubo, la testa inclinata verso il suo interno. Per incredibile che sia, tutte danno le spalle allo spettatore, alla Baia, alla città, al mondo intero.

The weeping maidens (Foto di FineArtAmerica.com)
The weeping maidens (Foto di FineArtAmerica.com)


Sono le weeping maidens, le «fanciulle piangenti». Mi sono interrogato a lungo su queste figure: perché piangono? Perché guardano dentro a quei cubi e mai fuori? In realtà, ora sto pensando alle weeping maidens per un altro motivo. Perché le sento come una metafora dell’università italiana, e dell’annessa dispersione di capitale umano legata alle barriere tra il mondo della ricerca e quello dell'impresa. Come le weeping maidens, l'università italiana pare aver voltato le spalle al mondo. Come le maidens è demoralizzata, appoggiata stanca e dolorante alla sua struttura, quasi rassegnata. Eppure, basterebbe che si voltasse perché il mondo si accorgesse della sua bellezza. L'avvenenza dell'università italiana l'abbiamo vista tutti quest'anno grazie alla missione della sonda spaziale Rosetta. Eppure, basterebbe che si voltasse per cogliere le bellezze del mondo che la circonda, opportunità di trasformare ricerca in progresso. Se le maidens del Presidio si voltassero e guardassero a Nord, vedrebbero il Golden Gate, esempio monumentale di civiltà delle grandi opere. Similmente, l’università italiana dovrebbe guardare al bisogno di sviluppo e di cultura del progresso che ha il nostro Paese. Se le maidens guardassero poco più a Ovest, vedrebbero la «piazzetta Yoda», la piazzetta (con tanto di statua e fontana dedicata al verde maestro Jedi) davanti agli stabilimenti della Industrial Light&Magic, braccio operativo della Lucasfilm di George Lucas: il luogo dove vengono ipertecnologicamente create le visioni dei più grandi kolossal mondiali dagli Star Wars in giù.
La fontana di Yoda (Credit:  James Jeffrey, www.flickr.com/photos/jjeffrey)
La fontana di Yoda (Credit: James Jeffrey, www.flickr.com/photos/jjeffrey)

Similmente, l’università italiana dovrebbe offrire la sua conoscenza alla vivacità di quelle imprese che, come Lucas, vogliono costruire sogni globali. Se le maidens si voltassero e guardassero più a Sud, scorgerebbero la pianura della Silicon Valley, dove il Venture Capital l’anno passato ha finanziato aziende per 30 o forse 40 miliardi di dollari, in pratica una sorta di inarrivabile Mecca tecnologico-finanziaria, la capitale di futuro dove la scienza si traduce in business. Similmente, l’università italiana dovrebbe voltarsi e vedere nel capitale di rischio l'alleato necessario a concretizzare progetti umani grandiosi e a rendere l’accademia prospera e vincente come nel Medioevo, quando Padova poteva permettersi di attrarre studenti e ricercatori da tutto il continente come Galileo e Copernico, le superstar della scienza di quegli anni. Infine, se le maidens si voltassero e guardassero qualche metro più in là, vedrebbero l’incantevole specchio d’acqua su cui si erge il loro palazzo, un’oasi naturale dove vivono tartarughe e orsetti lavatori, dove si posano stormi interi di oche e cigni. Similmente, l’università italiana dovrebbe guardarsi intorno e riconoscere la bellezza assoluta che la circonda, gli edifici millenari, la tradizione infinita, l’armonia sociale di questa terra che qualche volta, se non si fa vincere dal rumore di fondo, è ancora pienamente percepibile. Viviamo e lavoriamo in un ambiente magnifico, scenograficamente antidepressivo come pochi altri territori nel mondo. Documentandomi un pochino, ho infine scoperto perché queste statue piangono: le guide dicono che lo fanno perché l’arte se ne andrà con la fine dell’Esposizione 1915… Il loro artefice, lo scultore Ulrich Ellerhusen, ha voluto mettere la loro testa dentro quegli scatoloni cubici perché vi versassero delle lacrime, essendo in principio quegli scatoloni dei grandi vasi che il pianto delle cariatidi dovevano simbolicamente annaffiare. Dalle lacrime accademiche non può nascere nulla. Non più weeping maidens, ma laughing maidens, fanciulle che ridono, com’è costante nella nostra storia dell’arte. Dalla Primavera di Botticelli alla Gioconda di Leonardo.

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